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The Tree of Life – Terrence Malick 2011

luglio 4, 2011


Difficile da recensire questo lavoro. Ho dovuto aspettare un po’ di giorni per scrivere questa recensione, ho dovuto raffreddare mente e corpo dopo la visione del film per trovare l’equilibrio corretto. The Tree of Life non è un film: è un’esperienza cinematografica. L’albero della vita è costituito da rapporti, con la natura, con i fratelli, con i genitori, con il bene, con il male, con Dio: non limitatamente al suo significato biblico, ma come figura-causa della vita e che si ritiene responsabile di essa. La frase cardine di tutto questo discorso è pronunciata dalla madre nella parte iniziale del film: “Ci sono due vie per affrontare la vita: la via della Natura, e la via della Grazia. Sta a te decidere quale delle due seguire”. Il caos della Natura, e la rassicurazione della Grazia, imput che abbiamo già incotrato in Antichrist di Lars Von Trier, ma che in questo caso vengono analizzati in un quadro più grande e in maniera drasticamente differente. Questa volta non c’è una divisione vera e propria, le due vie in realtà si incrociano all’infinito annientandosi nella definizione, ossia: la retta via porta sì alla grazia, ma ad uno stadio superiore a quello della natura in cui si svolge la vita. Si potrebbe dire che in realtà tu non hai una vera e propria scelta, ma devi vivere il caos nella vita con una prospettiva di grazia, ricercare questa grazia nel caos darebbe una lettura errata della benevolenza divina. Sulla pellicola questo discorso viene visionato in un milshake di flashback e Big Bang in cui le visioni di dio, padre, madre, figlio prendono luce. Ognuno di loro (ad eccezione di dio) vive il propria versione del Libro di Giobbe, ed ognuno di loro trova una personale via della grazia che va oltre la propria vita tangibile. La versione più sentita è probabilmente quella del figlio (figli lo siamo tutti) dove Malick ci spinge in maniera commovente a vivere sensazioni, belle o brutte, che avevamo dimenticato o abbiamo creduto di aver vissuto. Il complesso di Edipo che porta a farsi domande sul proprio padre fino al punto di provare odio, l’identificazione della propria madre nella figura fiabesca dineyana della Fata Turchina “comportati da bravo bambino e sarai premiato” e Biancaneve (quando la si ritrae in una bara di cristallo nel bosco) + l’innamoramento per una figura simile a quella materna rientra in pieno nel discorso Odia il Padre Tuo, Fatti Madre Tua. Il nocciolo del film viene rivelato in chiesa dove si tiene una predica su Giobbe (appunto): comportarsi in maniera retta non significa essere vaccinati contro le sofferenze e le ingiustizie, queste colpiscono bendate, l’importante è non vedere in questi avvenimenti la mano di Dio, dal quale pretendi attenzione e non la trovi, altrimenti darai del vendicativo all’essere che ha creato l’universo. Questo perché ritieni che la morte di un figlio sia un’ingiustizia divina. Avere un’idea storpiata del giusto e del torto è una caratteristica propria dell’uomo, che ha preteso, contro il volere divino, di apprendere il significato del bene e del male mangiando dall’albero della vita, facendosi in questo modo il solo responsabile della propria via: quella della natura.

Ottima la regia, gli attori, il soundtrack, un linguaggio spietato elevato da immagini incredibili.